" Teaching is just a calling". L'educazione informale a Mathare slum, Nairobi

Type Thesis or Dissertation - Magistrale in Filologia Moderna
Title " Teaching is just a calling". L'educazione informale a Mathare slum, Nairobi
Author(s)
Publication (Day/Month/Year) 2015
URL http://tesi.cab.unipd.it/49961/1/LAILA_ANTON_2015.pdf
Abstract
Il presente elaborato si propone di analizzare il ruolo, le peculiarità e le complessità
dell'educazione informale in Kenya. Lo studio ha una contestualizzazione ancora più
specifica, essendosi concentrato sull'area di Mathare, uno dei più grandi slum di
Nairobi. Sorta tra il 1950 e il 1960, la baraccopoli ha iniziato a crescere in maniera
esponenziale in seguito all'indipendenza del paese, nel 1963. Il numero degli abitanti è
difficilmente quantificabile, ma si aggira tra i 200.000 e i 500.000. In quanto
insediamento informale, lo slum non ha diritto ad alcun supporto statale per quanto
riguarda i servizi, dalla sanità alla scuola, dalla rete idrica e fognaria alla fornitura di
energia elettrica. La vita si svolge tra piccole baracche di lamiera, formate generalmente
da un'unica stanza, dove abitano coloro che vengono definiti “squatters”, occupanti
abusivi. La storia della nascita degli insediamenti informali a Nairobi è complessa e
percorsa da politiche corrotte e inefficaci.
Ho iniziato ad interessarmi a questa realtà grazie ad un'esperienza maturata all'estero
tra marzo e aprile 2014. Il progetto a cui ho partecipato è “Studying Africa in Africa” di
Karibu Afrika Onlus. “Karibu” è una parola swahili che significa “benvenuto” ed è
questo l'obiettivo dell'associazione: dare il benvenuto all'Africa, alla sua storia e alla sua
cultura. Karibu Afrika nasce dalla volontà di alcuni studenti della facoltà di Scienze
Politiche di Padova nel maggio 2004, che decisero di andare a Nairobi per toccare con
mano ciò che avevano studiato solo nei libri.
Karibu Afrika ha numerose attività culturali e informative e progetti educativi in
Italia e in Kenya.
Semestralmente organizza il corso “Studying Africa in Africa” rivolto in particolarmodo agli studenti universitari. Il corso, della durata di un mese, si svolge a Nairobi in
collaborazione con oltre dieci organizzazioni giovanili di base keniane. L'obiettivo è
quello di promuovere l'accesso all'educazione, alla cultura e allo sport operando in
diversi slum di Nairobi (Kibera, Mathare, Kawangare e Kayole). I progetti, nati dalla
collaborazione con i partners locali, interessano diversi ambiti tra cui la tutela
ambientale, lo smaltimento dei rifiuti, l'educazione, l'inclusione sociale attraverso
attività teatrali, l'attenzione ai soggetti vulnerabili e il sostegno e la difesa dei rifugiati
politici.
La partecipazione a questo progetto, unita alla successiva attività come volontaria
presso l'associazione, hanno suscitato in me la voglia di approfondire la situazione
educativa di un contesto tanto particolare come quello dello slum. Sono così tornata a
Nairobi per immergermi nella realtà delle community schools, per cercare di capire in
cosa consiste “l'educazione informale” e in cosa si differenzia da quella “formale”. Per
far questo, ho deciso di svolgere la mia ricerca concentrandomi su due piccole realtà di
Mathare slum: la MYTO school e la Whynot Junior Academy, situate in due diverse
zone della stessa baraccopoli.
In un primo momento ho cercato di comprendere la situazione generale del Kenya e
le principali problematiche che interessano il paese, partecipando a lezioni tenute da
professori universitari e operatori locali nell'ambito del progetto “Studying Africa in
Africa”, che mi ha vista quest'anno nel ruolo di coordinatrice junior. Queste lezioni si
sono svolte in una guest house a Ngong, piccola cittadina situata a sud-ovest di Nairobi,
che ha ospitato il gruppo durante l'intera esperienza.
Successivamente ho condotto una ricerca sul campo, svoltasi tra marzo e maggio
2015, attraverso school visits, interviste informali e osservazione partecipante dei
meetings scolastici e delle lezioni stesse. Le interviste sono state condotte attraverso
l'utilizzo di un questionario, costruito in modo che fosse volontariamente semplice e
diretto, lasciando la possibilità all'intervistato di esprimersi a proprio piacimento
attraverso le domande aperte. La scelta di sottoporlo personalmente è risultato il modo
migliore per non incappare in errate interpretazioni di quanto affermato e ha lasciato
aperta ogni possibilità di approfondire la tematica trattata. Ho deciso di registrare le
interviste, per poterle ascoltare e analizzare più attentamente, con il consenso dei diretti
interessati. In un caso, invece, ho girato un video, poiché richiestomi espressamente da
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una maestra molto partecipe alla mia indagine.
Dei 24 insegnanti presenti al momento della mia ricerca nelle due scuole ho potuto
intervistarne 21, poiché i restanti erano assenti o per gravidanza o per questioni di salute
o per altri motivi non precisati. Sono stata aiutata e supportata dal personale locale, in
particolare alla Whynot Junior Academy da Dominic Otieno, fondatore della scuola e
amico e alla MYTO school da Dan Owiti, insegnante e uno dei principali membri delle
Mathare Youth Talented Organization. Il loro contributo è stato cruciale sia nello
svolgere il ruolo di mediatori fra me e gli intervistati stessi, sia nell'aiutarmi dal punto di
vista linguistico (spesso le risposte mi venivano date in kiswahili e non in inglese), sia
nel farmi capire meglio il punto di vista di un abitante dello slum. Non è sempre stato
facile, infatti, riuscire a comunicare, o meglio, a comprendere in maniera profonda le
diverse esigenze e prospettive di chi avevo davanti e in questo Dominic e Dan mi sono
stati di enorme aiuto.
Nella trascrizione delle interviste ho deciso di riportare esattamente le parole
dell'interlocutore, rispettando la forma orale. Credo, infatti, che anche questo possa
essere utile nella comprensione del background e del tipo di preparazione degli
insegnanti.
Il primo capitolo, prettamente teorico, costituisce una base storica per comprendere
le questioni in seguito affrontate e per contestualizzare il lavoro di ricerca stesso. Il
secondo affronta la nascita e le caratteristiche degli insediamenti informali a Nairobi, in
relazione ai cambiamenti avvenuti con l'indipendenza del Kenya. Vengono esaminate
inoltre le politiche governative rivolte agli slum e le principali problematiche che la vita
in baraccopoli comporta. Il terzo capitolo è incentrato sullo slum di Mathare, le sue
origini, la struttura sociale, economica e politica, i disagi dovuti all'assenza di impianti
igienici, di copertura elettrica, di accesso all'acqua, di mancanza di ospedali e strade e la
diffusione delle malattie in baraccopoli. Nel quarto capitolo, dal titolo rappresentativo di
“Education is light”, viene affrontato il tema dell'educazione prima di tutto dal punto di
vista legislativo in ambito internazionale e poi in Kenya, riassumendo le principali
riforme in ambito scolastico. Si analizza poi il concetto di educazione informale e la sua
realizzazione nelle community schools, prestando particolare attenzione al tasso di
scolarità e alle particolari esigenze di questo tipo di scuole. L'ultimo capitolo, infine,
racchiude la parte più importante del mio studio, le interviste. Lasciando la parola agli
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insegnanti ho cercato di far emergere da loro stessi le problematiche principali, le
carenze, ma anche gli aspetti positivi che queste scuole comunitarie apportano alla
baraccopoli stessa.
Senza l'operato volontario di tutte queste persone la maggior parte dei bambini e dei
ragazzi di Mathare slum non avrebbe accesso ad un istruzione adeguata, precludendosi
così ogni possibilità di miglioramento.

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